Chiesa di Santa Chiara a Gagliano Aterno
Chiesa di Santa Chiara
Comune: Gagliano Aterno
Come arrivare: A24/A25 RM-PE uscita Pratola Peligna-Sulmona/ seguire indicazioni per Raiano/ Molina/ Castelvecchio Subequo/ Gagliano Aterno da Napoli: A1 NA-RM uscita Caianello/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/ Roccaraso/ Sulmona/ Pratola Peligna/ Raiano/ Molina/ Castevecchio Subequo/ Gagliano Aterno
Autore: Giovan Battista Gianni
Notizie: Il complesso monastico di Santa Chiara a Gagliano Aterno è certamente uno dei più antichi monasteri delle Clarisse nella regione. Esso dovette essere fondato tra il 1255, anno della canonizzazione di Santa Chiara, e il 1286, anno del documento di donazione da parte del vescovo di Valva, Egidio, alla badessa di S. Chiara (Bentivoglio, 1980). Il Chiappini (1926) sostiene, invece, che il convento fu fondato dai Francescani e ceduto alle Clarisse nel 1286. Esso, inoltre, compare qualche anno più tardi in un diploma di Carlo d'Angiò, datato 31 ottobre 1298. Questi elementi permettono di fissare la sua fondazione all'epoca di quella del monastero di Sulmona (1260-1269), al quale si collega anche per caratteristiche tipologiche e stilistiche. All'epoca della fondazione il monastero venne edificato fuori del borgo ma lo sviluppo successivo ha portato alla sua attuale collocazione al centro del paese. Il complesso, che è il risultato di continue modifiche ed aggiunte, presenta uno schema a blocco chiuso, articolato intorno ad un chiostro rettangolare sul quale si aprivano gli edifici destinati alla clausura; su uno dei bracci del cortile si trova la chiesa e la cappella interna delle monache.
La struttura originaria era costituita dal blocco allungato della chiesa e da un corpo di fabbrica perpendicolare ad esso in modo da formare una L, mentre al posto degli altri due lati era un muro. Solo qualche secolo più tardi, cioè nel corso dei secoli XVI e XVII, vennero aggiunti altri corpi edilizi in modo da completare il quadrilatero. Sono i verbali delle visite pastorali ad attestare i lavori di trasformazione degli edifici religiosi che si susseguirono nel corso del XVII secolo. La chiesa, coeva all'insediamento monastico, presenta un vano rettangolare piuttosto allungato diviso in due parti: quella esterna destinata ai fedeli e quella interna detta "coro delle monache". La struttura è quella tipica delle chiese mendicanti con aula unica coperta a tetto che, attraverso tre finestre a grate che si aprono sulla parete di fondo dell'altare maggiore, è in collegamento con l'ambiente interno. La navata anteriore, lunga e stretta, è scandita sui lati da arcate cieche su paraste e termina in un arco trionfale a tutto sesto che ha la funzione di immettere nel vano presbiteriale quadrato. Decisivi per le forme attuali dell'edificio destinato al culto sono le trasformazioni che esso ha subito in epoca barocca, tra la metà del Seicento e la metà del Settecento. I primi lavori di rimaneggiamento si datano al 1664 e coinvolsero l'intero complesso ma dovettero continuare per tutto il corso del secolo, modificando solo superficialmente la chiesa duecentesca che mantenne la sua struttura di base e le stesse dimensioni. La copertura con tetto a vista nella navata, tipica delle strutture francescane, fu sostituita con volta a botte lunettata, mentre venne mantenuta nel presbiterio la volta a crociera con costoloni ai quali venne aggiunta la decorazione in linea col resto dell'ambiente. Nell'ingresso fu ricavato un palco in legno intagliato e dorato, formato da tre campate con copertura a calotta ellittica, destinato alle suore che da lì potevano partecipare alle funzioni. In questo modo l'intera chiesa acquistò un carattere omogeneo di impronta barocca seppure di tono piuttosto provinciale. Le modifiche, molto limitate sul piano funzionale, interessarono soprattutto l'aspetto decorativo e si concentrarono in particolar modo nella zona presbiteriale. Artefice della nuova decorazione fu Giovan Battista Gianni, decoratore lombardo che lavorò in Abruzzo a cavallo tra i due secoli, a cui si attribuisce il progetto dell'altare maggiore. Il principale intervento seicentesco fu proprio la realizzazione dell'altare, monumentale struttura in rilievo a carattere decisamente barocco, posto sulla parete di fondo, sul quale sembra concentrarsi l'attenzione del visitatore. Alla stessa epoca appartiene l'intervento sui due altari laterali, molto vicini stilisticamente a quello principale. Mentre quello di destra, probabilmente cinquecentesco, fu rimaneggiato con l'aggiunta di stucchi barocchi, quello di sinistra fu edificato completamente ricalcando lo stile di quello centrale. Alla mano del Gianni si deve anche la decorazione del vano presbiteriale con stucchi rappresentanti figure, santi ed angeli, secondo il gusto lombardo. Venne così a crearsi un leggero contrasto tra la sobria decorazione della navata e l'apparato decorativo ricco e sontuoso del presbiterio, pur essendo realizzati nello stesso periodo. Nel corso del Settecento vennero realizzati ulteriori importanti interventi che condussero alla realizzazione di altri ambienti accessori ed ad un'opera di ristrutturazione formale e decorativa che coinvolse soprattutto la parte retrostante l'altare maggiore, la cosiddetta "chiesa interna" o "coro delle monache". Il progetto, appartenente ad un autore sconosciuto, portò all'articolazione dell'oscuro spazio preesistente in un ambiente a due livelli. I lavori vennero eseguiti nel 1748 come testimonia la data riportata all'interno della cupola superiore ed una lettera del vescovo circa la necessità di lavori di adeguamento. Il piano basso venne diviso, per mezzo di quattro pilastri sovrastati da archi, in nove campate rettangolari tutte coperte a crociera, ad eccezione di quella centrale nella quale venne praticata un'apertura che consentisse l'ingresso di aria e luce, in modo da contrastare l'umidità e il buio che fino ad allora l'avevano caratterizzata. Si tratta di un'apertura ellittica che mette in comunicazione la cappella sottostante con l'ambiente superiore. Questo fu trasformato in un ampio locale, destinato al coro, con copertura a cupola emisferica su pennacchi, sulla quale si aprivano finestroni ed oculi, come fonti di illuminazione. Sui tre lati sono gli scanni in legno delle suore e al centro quello della badessa. Lo stile si discosta da quello del resto della chiesa avvicinandosi ad un gusto classicheggiante e sicuramente più sobrio del barocco dominante nella parte presbiteriale del tempio. All'interno di questa cappella si trova un altare settecentesco, posto sulla stessa parete dell'altare maggiore e perciò rivolto dalla parte opposta rispetto ad esso, collocazione identica alla cappelle interna della chiesa di S. Chiara a Sulmona. Sulla parete opposta sono tre nicchie decorate che dovevano sovrastare un altare probabilmente soppresso nel 1670. Con la chiesa sulmonese di S. Chiara, anch'essa di origini duecentesche e rifatta completamente in seguito al terremoto del 1706, si riscontrano molte analogie soprattutto sul piano strutturale, un po' meno su quello stilistico-decorativo, presentando questa un carattere barocco già tendente al rococò. In questi due secoli vennero realizzati altri ambienti conventuali o interventi di rimaneggiamento di strutture preesistenti. Nel 1659 fu costruito il nuovo parlatorio accanto alla porta d'ingresso alla clausura, diviso in due vani collegati da due finestre a grate e in concomitanza venne spostato l'ingresso e il percorso che immetteva negli ambienti del convento. Nel 1715 venne realizzato un nuovo dormitorio in sostituzione di quello cinquecentesco, per adeguamento alle nuove regole della controriforma che prevedevano una camera per ogni suora. In quegli anni il portale d'ingresso alla scala principale, già rinascimentale, venne rielaborato in forme decisamente barocche. A questo periodo doveva appartenere anche la costruzione del secondo piano che, presentando forme completamente barocche e mancando di ogni elemento stilistico precedente, non crea dubbi circa la sua appartenenza storica. Alla prima metà del secolo risale la costruzione dell'educandato, un edificio autonomo ma collegato al convento, destinato alla formazione delle educande. Da menzionare è un altro importante lavoro realizzato nel 1748 e cioè la costruzione del campanile, di forma quadrangolare, posto a fianco della facciata. Per caratteristiche stilistiche affini a quelle del coro e del loggiato se ne ipotizza l'attribuzione allo stesso autore.
Informazioni: Municipio tel. 085-98701 Curia diocesana di Sulmona tel. 0864-34065
Stato di agibilità: Agibile