La chiesa della Tomba ha origini laiche essendo sorta grazie alle rendite e alle donazioni di privati. Il più antico documento è del 1076 ed il riferimento in esso contenuto è piuttosto generico in quanto riguarda la vendita di una parte della cappella di Santa Maria. Del 1255 è invece il primo documento con la citazione della chiesa di S. Maria della Tomba. Inizialmente l'edificio sorgeva al di fuori della cinta muraria cittadina e faceva parte delle sedici chiese dedicate alla Madonna. Essa ha dunque anticipato la costruzione del borgo avvenuta a partire dai primi del Trecento per effetto dello spostamento dei cittadini del borgo di S. Panfilo nella zona intorno al mercato; il nuovo borgo si estese a sud della chiesa fino a Porta Napoli assumendo prima il nome di borgo Nuovo, poi quello di S. Agata ed infine lo stesso della chiesa nel momento in cui questa venne elevata a Parrocchiale. Nel corso dei secoli successivi la chiesa ha subito grandi trasformazioni ed aggiustamenti che ne hanno snaturato il carattere originario. E' stata ristrutturata e modificata pesantemente tra il Trecento ed il Quattrocento acquistando il suo aspetto caratteristico, nato dall'incontro tra gotico e romanico, che è lo stesso che presenta oggi. In epoca barocca è stata oggetto di radicali trasformazioni, come era nel costume del momento, che hanno cancellato molti dei suoi tratti medievali. Questa modifica viene fissata al 1619, data riportata nella iscrizione contenuta nella lapide posta al di sopra della porta della sacrestia. Secondo questa la chiesa dedicata alla Beata Maria Vergine della Tomba, già costruita su un preesistente tempio dedicato a Giove, è stata ampliata e arricchita nell'anno 1619 ad opera di maestri muratori. Alle trasformazioni operate dall'uomo si aggiungono gli effetti prodotti dai terremoti, in particolare quello del 1706 che ha distrutto completamente la parte posteriore dell'organismo, di cui rimasero in piedi la facciata, il colonnato interno ed il campanile. Quello che vediamo oggi è il risultato di un restauro condotto tra il 1970 ed il 1972 che ha ripristinato la struttura medievale legata all'opera dell'architetto Nicola Salvitti, umbro di nascita e arrivato a Sulmona nel corso del Trecento insieme al padre e ad altri maestri. La chiesa presenta caratteri comuni con altre chiese cittadine, anch'esse legate alla scuola del Salvitti, come la Cattedrale di San Panfilo e la chiesa di San Francesco della Scarpa dalle quali riprende molti dei caratteri architettonici e stilistici. La facciata, che fa da fondale alla piazza, è quasi integralmente sopravvissuta al devastante terremoto del 1706. Fa parte delle tipiche facciate abruzzesi a coronamento orizzontale con portale centrale e finestrone a ruota. Essa si presenta come una muraglia in pietra viva che è stata leggermente rialzata nel 1970 con l'aggiunta di un coronamento nella parte alta. Una sottile cornice finemente scolpita la divide in due campate, una sequenza di archetti definisce il prospetto nella parte estrema in alto. Il portale riporta sulle imposte lignee la data del 1441, gli stemmi aragonesi e il nome di un certo Jacobu che potrebbe essere il committente o l'esecutore del lavoro. Il suo stile e la struttura ricalcano la tipologia del portale della cattedrale cittadina che dettò norma per molti portali delle chiese sulmonesi. La sua costruzione quindi risale alla fine del Trecento. Ogivale e strombato, si compone di colonne alternate a pilastri poggianti su un basamento in pietra e culminanti in capitelli sui quali poggia l'archivolto composto da membrature minute decorate con tortiglioni e punte di diamante. Al centro dell'architrave è scolpito l'Agnello crocifero. Una originalità rispetto ai modelli cittadini di riferimento (San Panfilo e San Francesco della Scarpa) è costituita dalle rosette inserite sugli spigoli dei pilastri che danno all'insieme un effetto di grazia e leggerezza. Il rosone venne realizzato a spese di Palma de Amabile nel 1400 secondo quanto attesta l'iscrizione contenuta nella targa in basso a destra. Esso risulta diviso da sedici colonnine ottagonali che sostengono arcatelle a sesto ribassato, trilobate all'interno. La corona centrale è costituita da otto rose ben rilevate che si compongono di volute di acanto, foglie radiali di acanto silvestre e di un cordone a spina da cui spuntano dei gigli. Si tratta di un disegno locale che ebbe grande fortuna e diffusione nel corso del Quattrocento. L'interno è il risultato di molteplici interventi di restauro più o meno riusciti. Il peggiore è stato quello del 1857 che, in nome dell'ammodernamento, ha eliminato quanto di originario era sopravvissuto ai devastanti terremoti. L'intervento degli anni Settanta ha ricostruito l'aspetto trecentesco della chiesa e lascia di sé testimonianza in una lapide posta sulla porta laterale destra. Sono stati eliminati gli stucchi e le decorazioni barocche che coprivano le colonne e le pareti. E' stato rimosso il soffitto a cassettoni per ripristinare quello a capriate. Delle primitive navate romaniche si conservano le colonne a sezione circolare e gli archi ogivali che dividono lo spazio interno in tre navate ampie e luminose. Sono state riscoperte le basi delle colonne a smusso rotondo (toro) e sei monofore a largo strombo che danno luce all'interno. La zona absidale era costituita da tre absidi, crollata nel terremoto del 1706 è stata ricostruita fuori asse in epoca barocca e ripristinata nella nudità e semplicità più completa; sono state ripristinate le due antiche aperture e sono stati aggiunti due nuovi altari. L'eliminazione di molti altari nelle navate laterali ha contribuito a restituire all'interno dell'organismo un carattere ed un'architettura semplice e lineare. Durante i lavori di restauro sono stati riportati alla luce sulle pareti delle navate laterali importanti frammenti di opere pittoriche della fine del Trecento, raffiguranti immagini di Santi non precisamente identificabili, tra cui i Santi Pietro e Paolo, Antonio e Cristoforo. Più numerosi sono i frammenti di affreschi del XV e XVI secolo tra cui la Vergine e il Bambino Gesù e Sant'Anna. Sul pilastro sinistro del transetto è stato riscoperto un bassorilievo duecentesco raffigurante Adamo ed Eva ed il peccato originale. Sulla parete della navata destra sono esposte molte tele provenienti dalle pale degli altari laterali; sono tele ad olio del XVI secolo tra cui va ricordata la Madonna con Bambino e Santi attribuita al Cavalier d'Arpino. Merita una citazione la scultura in terracotta della Madonna col Bambino incassata nella parete di sinistra; in origine policroma, fu realizzata nel corso del XVI secolo secondo i modi di Silvestro dell'Aquila, della cui opera l'ignoto autore doveva essere a conoscenza. Nel 1424 a fianco alla chiesa venne costruito un edificio che presenta una coerenza architettonica con la struttura e lo stile della chiesa. Questo fa supporre un'origine comune dei due organismi. Esso fu in origine adibito ad ospedale, poi a casa di alloggio per pellegrini e forestieri, quindi a teatro ed infine, all'inizio del Seicento, a seminario. Dal terremoto del 1706, che lo distrusse completamente, rimase in piedi solo la facciata, di cui l'elemento più interessante è la bifora. Dalle rovine venne ricavato un salone che per circa due secoli è rimasto in uno stato di semiabbandono fino ad essere utilizzato come stalla dalle truppe tedesche durante il secondo conflitto mondiale. Oggi, dopo lavori di ripristino, è divenuto sede della Casa Canonica e delle opere parrocchiali. A cesura tra la chiesa e l'edificio laterale sta il campanile recante in alto la data del 1579, che potrebbe corrispondere alla data di un restauro. Anch'esso è stato ricostruito durante le opere dell'ultimo restauro negli anni '70-'72. La torre presenta una struttura quadrata sormontata dalla mostra dell'orologio delimitata da colonne doriche binate e coronata da una cimasa in ferro battuto.
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Informazioni aggiuntive
- Nome: Chiesa di Santa Maria della Tomba
- Comune: Sulmona (AQ)
- Informazioni: Curia diocesana di Sulmona tel. 0864-34065; Ufficio Servizi Turistici Comune di Sulmona tel. 0864-210216
- Indirizzo: Piazza Plebiscito, Sulmona (AQ)
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